Parola di Giustizia

Gio Giu, 2018

L’ottobre dell’anno scorso rinvenni ed acquistai in piazza Cavour a Napoli, un testo, il primo, di Benedetto Croce intitolato “I Teatri di Napoli”.
E’ ivi contenuta una simpatica quanto efficace espressione napoletana che indica con il termine strummolo la trottola. Tale locuzione ha suscitato ed ancora suscita in me, non so per quale ordine di motivi, curiosità e riflessioni.
Nelle commedie in voga nella Napoli del Cinquecento, i tributi della platea andavano a un attore chiamato Aniello Soldano, detto il “Dottore Spaccastrummolo”, ovvero il farneticante dottore che parlava sempre a  spaccastrummolo ossia a vanvera.
Attori che con il loro vociare, appena cinquecento anni fa, erano in grado di suscitare nel pubblico ilarità con quel loro saltare di palo in frasca.
Ebbene per conferire immediatamente un senso a quanto espresso, mi è parso che le considerazioni attorno la giustizia possano talvolta, anche solo di primo acchito, apparire ragionamenti extra-vaganti, ma, sebbene apparentemente privi di una specifica direzione cui andar a parare, essi facciano comunque gioco nel moto della machina machinarum chiamata Giustizia.
Una trottola non rotea, gira sempre su sé stessa e senza direzione, mostra il suo volto cinetico ma non la sue effettive sembianze quand’è in movimento.
Tali e tante le qualità della trottola.
Sono di questi giorni le inaugurazioni dell’anno giudiziario 2009.
In Italia se ne tengono ben cinque per ogni regione e tutte in periodi diversi dell’anno.
L’una quella della Giustizia ordinaria è prevista dal R.D. 30 gennaio 1941, n. 142 (legge sull’ordinamento giudiziario) agli artt. 86-87-88, da tenersi entro il ventesimo giorno della data d’inizio di ciascun anno giudiziario; le altre modellate sullo stampo di quest’ultima.
La Giustizia Ordinaria inaugura nel gennaio, la Giustizia della Corte dei Conti nel principio del febbraio, la Giustizia tributaria nel mezzo dello stesso mese, la Giustizia Amministrativa alla fine, quella militare addirittura in marzo.
Degno di nota il fatto che le cinque celebrazioni si tengano con il medesimo cerimoniale ed alla presenza degli stessi ospiti, invitati in base della Regione di afferenza.
Ci si creda o no, che esistessero cinque modelli di Giustizia l’una “ordinaria” e le restanti quattro “speciali” è cosa conosciuta ai più, ma la circostanza che fossero in vigore cinque CSM, intesti come organi di autogoverno nel loro ambito di giurisdizione, forse no.
Personalmente non conoscevo i Consigli di Presidenza, i quali operano “ignorandosi a vicenda”, me ne ha fatto cosa gradita l’Avv. I. Cacciavillani, con un articolo pubblicato nel Corriere veneto nel quale si interrogava sui discorsi dei costituzionalisti intorno alla possibilità concettuale e fattiva di costituire un CSM per i soli Pm a mezzo di legge ordinaria.
Orbene ad oggi ne esistono ben quattro e tutti costituiti con legge ordinaria.
Non basta.
Vogliano i costituzionalisti inoltre spiegare come basti un regolamento a costituire un’ordinamento a tutela degli interessi penalmente garantiti dall’ordinamento militare e di garanzia dei valori fondamentali delle forze armate rispetto all’ordinamento dello Stato, perfettamente operante all’interno della costituzione vivente.
L’art. 23  dell’abrogato regolamento dei servizi territoriali e di presidio del maggio 1973, pareva sostenere che quello delle Forze Armate è un ordinamento autonomo e separato rispetto all’ordinamento dello Stato.
E ciò non pone ancora mente alle preoccupazioni della Corte di Strasburgo che con pronuncia del 20 Gennaio 2009 (“Ecomostri Bari”), afferma che la Corte di Cassazione dimostra di non tenere in debito conto i dicta della Corte Europea, altra Corte cui guardare.
Viene da domandarsi se il ministro alla delegificazione non avesse le sue buone ragioni a mettere dentro il calderone delle abrogazioni pure quella della legge istitutiva della Corte dei Conti…(in base a quanto riportato dal Corriere Economia allegato il Lunedì 09 febbraio 2009, il progetto originario di defoliage legislativo prevedeva pure l’abrogazione della legge istitutiva del trasferimento della capitale del Regno da Firenze a Roma).
Non c’è che dire.
Altre brevi riflessioni in tema di giusto processo ci portano a prendere sotto osservazione la proposta di affiancare al G.I.P. altri due colleghi chiamati a decidere sulle misure cautelari.
L’intento: quello di vincere il solipsismo del magistrato affiancadolo ad altri due colleghi assorti dagli stessi dubbi “ragionevoli”.
Tre meglio di uno.
Capita infatti che ci si chieda da che tormenti sia assalito un Giudice racchiuso per ore in camera di consiglio.
Spiegava l’ex Procuratore capo di Venezia, Ennio Fortuna, ora Avvocato in Venezia, di esser stato sovente interpellato telefonicamente da parte di Giudici reclusi forzati dal dubbio.
Ecco spiegato in parole povere il disegno di legge.
Non che l’idea di aumentare il numero dei giudici per la stessa mansione e di attribuirne di nuove ad organi ad hoc sia una trovata sensazionale ed innovativa.
Nella Venezia settecentesca, come ha modo di scrivere I. Cacciavillani in “La legge forense veneziana”, provvedevano, nella materia di polizia cittadina, i Signori di notte al criminal (ordine pubblico, prevenzione incendi, repressione degli attentati alla quiete pubblica, prevenzione degli schiamazzi notturni, rapporti carnali di ebrei con donne cristiane), i Signori di notte al civil (competenza sulla regolamentazione degli affitti delle case, repressione delle frodi alimentari e nel commercio), gli Esecutori contro la Bestemmia (culto in città), Giudici al Piovego (attività edificatoria in genere), Consiglio dei Dieci (omicidio), Avogadori del Comun (indagini preliminari, mandato di cattura e rinvio a giudizio).
Alla faccia della conquista tutta moderna del Giudice monocratico.
E in città non era che le cose andassero molto meglio nel civile o nell’amministrativo.
Ad esempio una lite tra il Comune di Valstagna e i Comuni di Gallio ed Asiago durò dalla metà del ‘500 al 1680.
Nulla a che vedere con il processo Franzoni definito in sei anni con sentenza della Corte di Cassazione 21 maggio 2008 n. 31456.
Sicchè viene da pensare che forse non è che la Giustizia non funzioni, è che quest’ultima funziona a dovere solo per alcuni.
Il capitolo veneto-mestrino della strage della Banca dell’Agricoltura del 1969, aperto nel 2000 si chiuse solo cinque anni dopo con l’assoluzione definitiva di Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni ben trentasei anni dopo la strage.
Per dirla con Pareto un sistema è efficiente se cambiando un fattore stanno meglio pure gli altri, ma qualora sia impossibile cambiarne anche uno solo, allora si può sostenere che il sistema nel suo complesso sia efficiente.
Vero è che da noi non si può mutare niente senza scontentare/squilibrare qualcuno, ne deduco che il sistema funzioni correttamente e come tale vada conservato.
Tra l’altro allo studio dei costituzionalisti vi è il progetto di regionalizzare la Giustizia ossia federalizzarne l’apparato di amministrazione (Dialoghi del diritto dell’Avvocatura della Giurisdizione, Cedam, Padova, n. 2 Aprile-Giugno 2008) .
Quest’ultimi si domandano se un sistema di giustizia federale sarebbe compatibile con i valori espressi dalla Carta costituzionale, cioè, se effettivamente una giustizia organizzata su base regionale o locale sarebbe meglio di quella attuale.
Ancora mi domando se si stia parlando di Giustizia o se più semplicemente il nostro sia un divertente spaccare o’ strummolo ?
Tuttavia il cittadino è un Re, questo il principio più rivoluzionario ed attuale della nostra Costituzione e tanto vale per non parlare a vanvera.